Freud – sulla guerra, la religione e Thomas Woodrow Wilson
- On 29 Gennaio 2015
di Mario Bottone
Quando nel 1966, nella congiuntura della guerra vietnamita, apparve per la prima volta negli Stati Uniti il libro firmato da Freud e Bullit, Thomas Woodrow Wilson, twenty-eighth President of the United States. A psychological Study, sembrava che un marchio d’origine legasse il destino del testo a quello della guerra. Infatti questa congiuntura bellica si presentava come la più adatta per esaltare retroattivamente quella che aveva presieduto alla genesi di questo libro, ossia le conseguenze della prima guerra mondiale, e soprattutto agli effetti della partecipazione americana al conflitto a partire dal 1917 e al peso (o al non peso) che ebbe nei trattati di pace. Sin dall’incontro a Berlino tra Freud e Bullit, in cui l’idea di quest’opera prese corpo, apparve chiaro che il primo era interessato esclusivamente alla figura del presidente americano nella misura in cui era intervenuto nel conflitto europeo – intervento che non era stato gradito da Freud, almeno nella ricostruzione après-coup che questi ne propose nell’Introduzione. Qui, infatti, dopo aver citato la formula di Tacito, secondo cui quando si decide di rendere pubblico il proprio giudizio su una persona che appartiene alla Storia (Geschichte) occorrerebbe preliminarmente stabilire che lo si fa sine ira et studio, Freud dichiara senza peli sulla lingua la sua difficoltà a fare propria questa formula preliminare.
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